On Site al Petit Palais: l’arte contemporanea invade Parigi

 

UnknownStudiare storia dell’arte contemporanea e trovarsi in una città come Parigi è un privilegio che non ci si rende conto di avere, almeno finché non arrivano settimane come quella appena trascorsa, in cui ho passato le mie giornate correndo da una parte all’altra della città, nel vano tentativo di non perdermi neanche una delle iniziative culturali della ville lumière.

Dal 19 al 22 Ottobre si è svolta, nella sontuosa cornice del Grand Palais, la 44ª edizione della Foire Internationale d’Art Contemporain (Fiera Internazionale di Arte Contemporanea), che ha ospitato una selezione di 193 gallerie tra le più importanti della scena artistica internazionale.

A partire dall’edizione del 2016 è stata avviata la sezione On Site, curata da Christophe Leribault, direttore del Petit Palais e Eva Wittocx, curatrice del M Museum Leuven. On Site presenta oltre quaranta sculture e installazioni, collocate sia all’interno del Petit Palais – che si trova esattamente di fronte alla sede principale della fiera – sia su Avenue Winston Churchill, il grande viale che separa i due palazzi.

Ora, è ben noto quanto sia difficile coinvolgere il grande pubblico nelle manifestazioni di arte contemporanea e non mi riferisco ai numeri, perché i visitatori mossi da semplice e genuina curiosità sono sempre piuttosto numerosi, bensì alla partecipazione: quante volte davanti ad un’installazione ci siamo chiesti che vuol dire? Almeno tante volte quante siamo rimasti perplessi e senza risposta.

Ecco, il grandissimo merito di On Site è quello di accogliere il suo pubblico nel senso più profondo del termine: questa sezione della FIAC è ad accesso libero, elemento che già di per sé induce anche i più restii a concedere una chance all’arte contemporanea, ma soprattutto è una sezione completamente guidata. Davanti ad ogni installazione c’è almeno uno studente dell’Ecole du Louvre che fornisce spiegazioni sull’opera ed è pronto a rispondere ad ogni domanda dei visitatori, dissipando almeno in parte lo scetticismo e la diffidenza. Insomma, si esce dal Petit Palais con l’impressione di averci capito almeno qualcosa.

Quando le opere d’arte riescono a ispirare almeno una scintilla di riflessione, ritengo che il loro compito sia pienamente assolto, perciò ecco qui alcune proposte tra le installazioni che ho trovato più suggestive.

Yona Friedman, Projet pour un musée sans batîment, 2017 

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Yona Friedman è nato nel 1923 a Budapest, ma vive e lavora a Parigi. A partire dagli anni Sessanta ha sviluppato queste architetture modulari, o “Catene spaziali”, che possono moltiplicarsi all’infinito.
Progetto per un museo senza edificio è un’architettura effimera costituita di migliaia di hula hop colorati tenuti insieme dallo scotch, a cui sono appesi dei fogli di carta con immagini stampate: un museo smontabile e rimontabile, senza pareti, aperto e accessibile, che invita al gioco e all’interazione, in una sola parola, il museo ideale.

Otobong Nkanga, In a place yet unknow, 2017

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Otobong Nkanga è nata nel 1974 in Nigeria, ma vive e lavora ad Anversa.
In A Place Yet Unknown è un’opera tessile, su cui è riportata una poesia scritta dall’artista stessa, insieme alle indicazioni tecniche per la fabbricazione del tappeto; il bordo del tappeto è immerso nell’inchiostro che, a poco a poco, si infiltra nelle fibre del tessuto. Il titolo si traduce con “In un luogo ancora sconosciuto” e allude probabilmente al destino stesso dell’opera, in continua e perenne trasformazione. Le parole della poesia, del resto, fanno riferimento ad una dimensione di instabilità, ad un processo di contaminazione tra opposti: immobilità e movimento, solidità e fragilità, passato, presente e futuro.

Pablo Reinoso, Simple Talk and Double Talk – Conversations, 2017

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Pablo Reinoso è nato nel 1955 in Argentina, ma vive e lavora a Parigi.
Simple Talk e Double Talk formano Conversations, un’installazione che invita il pubblico all’interazione: ci si può sedere sulle opere, come se fossero delle normalissime panchine, e si può intrattenere una conversazione. In tal modo, l’intreccio vorticoso che parte dall’estremità delle panchine visualizza il flusso del discorso. È anche possibile interpretare il termine “talk” proposto nel titolo come il dialogo ideale tra l’installazione e il contesto urbano in cui si inserisce: le due opere, con la loro contrapposizione armoniosa tra linee ortogonali e curve, sembrano mettersi in relazione con l’architettura art nouveau del Grand e del Petit Palais.

Fabrice Samyn, The Color of Time, 2016

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Fabrice Samyn è nato nel 1981 a Bruxelles, città in cui attualmente vive e lavora.
The color of time è un’opera costituita da dodici cilindri di vetro soffiato, ciascuno di una sfumatura di colore diversa, per evocare le differenti tinte del cielo nell’arco di dodici ore, dall’aurora al crepuscolo: in questo modo, il colore materializza l’immateriale, rende visibile lo scorrere del tempo. Per comprendere l’opera dell’artista, fortemente connotata da caratteri metafisici, è necessario tenere presente il concetto chiave dell’impossibilità della rappresentazione, unito al suo costante sforzo di superarla.

4 risposte a "On Site al Petit Palais: l’arte contemporanea invade Parigi"

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    1. Mannaggia, per poco! Era davvero molto interessante, ma Parigi ti riserverà comunque molte opportunità:
      – mostra di Derain al Centre Pompidou
      – mostra di Derain, Balthus e Giacometti al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris
      – vernissage della mostra di Hiroshi Sugimoto alla Galerie Marian Goodman, sabato 28 ottobre (79, Rue du Temple)
      E se hai bisogno di altri suggerimenti non esitare a chiedere!

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